"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

venerdì 2 maggio 2014

René Guénon, Il Re del Mondo. XII - Alcune conclusioni

René Guénon
Il Re del Mondo

XII - Alcune conclusioni 

Dalla testimonianza concordante di tutte le tradizioni deriva chiaramente questa conclusione: che esiste una «Terra Santa» per eccellenza, prototipo di tutte le altre «Terre Sante», centro spirituale cui tutti gli altri centri sono subordinati.
La «Terra Santa» è anche la «Terra dei Santi», la «Terra dei Beati», la «Terra dei Viventi», la «Terra d’Immortalità»; queste espressioni sono tutte equivalenti e bisogna aggiungervi quella di «Terra Pura»[1] che Platone attribuisce in particolare al «soggiorno dei Beati»[2]. Si usa situare tale soggiorno in un «mondo invisibile»; ma, se si vuol capire di che cosa si tratta, non bisogna dimenticare che lo stesso accade per le «gerarchie spirituali» di cui tutte le tradizioni parlano e che rappresentano in realtà dei gradi di iniziazione[3].
Nel periodo attuale del nostro ciclo terrestre, cioè nel Kali-Yuga, questa «Terra Santa», difesa da «guardiani» che la nascondono agli sguardi profani garantendone tuttavia certe relazioni esterne, è di fatto invisibile, inaccessibile, ma soltanto per coloro che non possiedono le qualificazioni richieste per penetrarvi. Ora, la sua localizzazione in una determinata regione deve essere considerata come letteralmente effettiva, oppure soltanto simbolica, o l’una e l’altra cosa insieme? A tale domanda risponderemo semplicemente che, per noi, i fatti geografici e quelli storici hanno, come tutti gli altri, un valore simbolico che, del resto, non toglie nulla della loro realtà propria in quanto fatti, e anzi conferisce loro, oltre a questa realtà immediata, un significato superiore[4].
Siamo ben lungi dal pretendere di aver detto tutto il possibile sull’argomento del presente studio, e gli accostamenti che abbiamo fatto potranno anche suggerirne molti altri; comunque, abbiamo detto molto più di quanto mai sia stato detto finora, e alcuni saranno forse tentati di rimproverarcelo. Ciononostante, non pensiamo che sia troppo, e siamo anzi persuasi che in tutto questo non vi sia niente che non debba essere detto, benché proprio noi meno di ogni altro siamo disposti a contestare che siano giustificate le questioni di opportunità quando si tratta di esporre pubblicamente cose di carattere un po’ inusitato. Ci limiteremo qui a una breve osservazione: nelle circostanze in mezzo alle quali viviamo attualmente, gli avvenimenti si svolgono con una tale rapidità che molte cose le cui ragioni non appaiono nell’immediato potrebbero trovare, prima di quanto si creda, applicazioni molto impreviste, se non del tutto imprevedibili. Vogliamo astenerci da tutto ciò che, in qualche modo, possa somigliare a una «profezia»; teniamo a citare tuttavia, per concludere. una frase di Joseph de Maistre[5], che è ancor più vera oggi che un secolo fa: «Bisogna tenerci pronti per un avvenimento immenso nell’ordine divino, verso il quale procediamo a una velocità accelerata che deve colpire tutti gli osservatori. Temibili oracoli annunciano già che i tempi sono giunti».


[1] Fra le scuole buddiste esistenti in Giappone, ve n’è una, quella del Giô-dô, il cui nome si traduce con «Terra pura»; essa ricorda, d’altra parte, la denominazione islamica dei «Fratelli della Purezza» (Ikhwân Es-Safâ), per non parlare dei Catari del medioevo occidentale, il cui nome significa «puri». Del resto è probabile che la parola Sûfî, che designa gli iniziati musulmani (o più precisamente coloro che sono giunti allo stadio finale dell’iniziazione, come gli Yogi nella tradizione indù), abbia esattamente lo stesso significato; di fatto, l’etimologia volgare, che la fa derivare da sûf, «lana» (di cui sarebbe stato fatto il vestito che portavano i Sûfî), è ben poco soddisfacente, e la spiegazione mediante il greco sophos, «saggio», pur sembrando più accettabile, ha l’inconveniente di rifarsi a un termine estraneo alla lingua araba; noi pensiamo perciò che sia preferibile accettare l’interpretazione che fa derivare Sûfî da safâ, «purezza». 
[2] La descrizione simbolica di questa «Terra Pura» si trova verso la fine del Fedone; abbiamo già osservato che è possibile stabilire una sorta di parallelo tra questa descrizione e quella che Dante fa del Paradiso terrestre (cfr. John Stewart, The Myths of Plato, pp. 101-113). 
[3] Del resto, i diversi mondi sono propriamente degli stati, e non dei luoghi, anche se possono essere simbolicamente descritti come tali; la parola sanscrita loka, che serve a designarli, e che è identica al latino locus, racchiude in sé l’indicazione di questo simbolismo spaziale. Esiste anche un simbolismo temporale, secondo cui quei medesimi stati sono descritti sotto forma di cicli successivi, benché il tempo, come lo spazio, non sia in realtà che una condizione propria di uno di essi, cosicché la successione qui non è altro che l’immagine di un concatenarsi casuale. 
[4] Ciò può essere paragonato alla pluralità dei significati secondo i quali furono interpretati i testi sacri e che, lungi dall’opporsi o distruggersi, si completano e si armonizzano nella conoscenza sintetica integrale. ‑ Dal punto di vista che noi indichiamo qui, i fatti storici corrispondono a un simbolismo temporale, e i fatti geografici a un simbolismo spaziale; vi è del resto, fra gli uni e gli altri, un legame o una correlazione necessaria, come fra il tempo e lo spazio, per cui la localizzazione del centro spirituale può essere diversa a seconda dei periodi considerati. 
[5] Soirées de Saint-Pétersbourg, undicesima conversazione. ‑ È quasi superfluo, per evitare ogni apparenza di contraddizione con la cessazione degli oracoli cui alludevamo prima, e che Plutarco aveva già osservato, far notare che la parola «oracolo» è intesa da Joseph de Maistre in senso molto ampio, come si fa spesso nel linguaggio corrente, e non nel senso proprio e preciso che aveva nell’antichità.

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