"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

sabato 10 maggio 2014

Shaykh Salâma ar-Râdi, Regole della Tarîqa Hâmidiya

Shaykh Salâma ar-Râdi 
Regole della Tarîqa Hâmidiya (Qanûn tarîqa l-sâda l-Hâmidiyya bi-l-diyar al-Misriya)*

Regole della Tarîqa Hâmidiya
(Qanûn tariqa l-sâda l-Hâmidiyya bi-l-diyar al-Misriya)
di Seyyid Salâma Hasan er-Râdi 

«Prima parte. I principi del tarîq (metodo) della confraternita». 

§ 1. Le Genti della Via hanno come Fine di tendere alla conoscenza di Allah (ma’rifah) e di conseguire la Sua Soddisfazione, ottemperare al dovere dell’adorazione (‘ubûdiyah) e realizzare i diritti della signoria (rubûbiyah).

§ 2. La nostra tarîqah si fonda sul Libro e sulla Sunnah, escludendo ogni innovazione riprovevole per la legge divina.

§ 3. Lo sforzo delle anime nel lavoro assegnato fa parte dei principi del nostro tarîq.

§ 4. Praticare l’umiltà, che è l’attitudine fondamentale del faqîr, fa parte del nostro tarîq.

§ 5. La sottomissione a Dio (taslîm) è il marchio distintivo del nostro tarîq.

§ 6. La sopportazione dell’ingiuria (adhâ) purifica l’essenza del faqîr e illumina la sua sostanza.

§ 7. Il ricordo di Allah (dhikr), il più sovente possibile, è il nutrimento dei cuori.

§ 8. La recitazione del Corano costituisce un avvicinamento ad Allah, una luce e una misericordia.

§ 9. Acquisire la necessaria scienza esteriore è un dovere per ciascun faqîr.

§ 10. Rispettare i musulmani e ricercare le loro benedizioni sono pratiche che rivelano la soddisfazione di Allah l’Altissimo (onorare i musulmani e implorare su di loro la benedizione sono cose che piacciono a Dio, Egli è Grande!)

§ 11. La compagnia dei ricchi indurisce i cuori.

§ 12. Il rifiuto degli eccessi è un principio della nostra Via[2].

§ 13. L’amore reciproco, la visita ai confratelli la carità sono principi del nostro tarîq.

§ 14. La semplicità del cuore e la buona opinione in Allah e nei Suoi adoratori fanno parte del nostro tarîq[3].

§ 15. Raccomandare il bene e vietare il male, con bontà e tenerezza (cfr. Corano 3:113).

§ 16. Aiutare i poveri e mostrare benevolenza con loro, sia materialmente che spiritualmente, nella misura del possibile[4].

§ 17. Che l’uomo riscontri in sé stesso la manchevolezza.

§ 18. Non si deve obbedienza a una creatura nel caso di ribellione al Creatore[5].

§ 19. L’uomo deve essere misericordioso nei confronti di suo fratello, senza discutere con lui, ne divenire suo avversario. Non lo insulterà e non lo calunnierà, non lo invidierà, nè gli mentirà e gli nuocerà. Sarà umile con lui, gli parlerà con dolcezza, lo consiglierà con benevolenza, senza disprezzo. Che lo aiuti nella lotta contro la sua anima e il suo avversario (shaytân) senza mai allearsi con loro contro di lui. (L’uomo deve essere misericordioso verso suo fratello, non contraddirlo, ne diventare suo avversario. Che non lo insulti, non lo calunni, non lo invidi, non gli menta, ne lo offenda. Che gli parli con dolcezza, lo consigli amichevolmente, senza sprezzo, che lo aiuti nella lotta contro la sua bassa anima (nafs), contro le passioni e il demonio e non divenga mai alleato di questi contro di lui.

§ 20. Occorre cercare di essere frugali e non desiderare i beni degli altri; se si dona qualche cosa ciò non deve avvenire per la ricerca di una ricompensa, salvo che questa sia offerta liberamente e senza essere stata richiesta.

§ 21. Chiunque sia ricollegato al tarîq deve essere fedele alla sua religione. Non si parlerà senza sapere. Non si riferirà una parola distorta o cose di questo genere. Mentre al contrario si stabilirà ciò di cui si può parlare per non cadere in ciò che è illecito (harâm) e nell’ignoranza nei riguardi della gente.

§ 22. L’umiltà e la dignità devono costituire l’ornamento spirituale del faqîr: che eviti di moltiplicare risate e scherzi per attirare i cuori e conquistare la simpatia della gente, o per essere da loro almeno considerato[6].

§ 23. Diffidare dell’anima passionale (nafs). Diffida di quello che ti propone, fino a che non conoscerai la verità.

§ 24. Che ciascun membro della nostra tarîqah che si pronuncia sulle verità essenziali (haqâ’iq), lo faccia basandosi sul Libro e sulla Sunnah[7].

§ 25. A nessuno della nostra tarîqah è permesso di parlare riguardo alla “dimora” (hulûl letteralmente incarnazione, n.d.r.), all’ “unione ipostatica”  (ittihad), alla definizione delle modalità di Dio (jihah), o anche sul fatto che Dio il Vero è anche la creatura (‘ayn el-khalq) e sulla parola (maqâlah) d’al-Hallâj[8].

§ 26. Non è consentito a nessuno di essere un “libero pensatore” ahl al-ibâha che pretende di abolire i doveri e dichiarare leciti gli atti vietati, perché ciò è proprio della miscredenza (zandaqah); molte persone vi sono cadute dopo aver mirato la più eccelsa santità (wilâyah)[9].

§ 27. È vietato dedicarsi alla magia (sihr) e a tutto ciò che gli è simile perché queste cose allontanano da Dio.

§ 28. Non è permesso allo Shaykh di disporre del patrimonio di un discepolo (tilmîdh) ordinandogli di vendere le sue proprietà per impossessarsi del prezzo o inducendolo a cedergli i suoi beni, come fanno senza scrupoli le persone prive di morale.

§ 29. Non è permesso allo Shaykh ordinare al suo discepolo cose che potrebbero arrecargli danno, come trascorrere in inverno la notte su un tetto vestito con un abito inadeguato, o restare in piedi nell’acqua durante la notte o ancora fare il dhikr su un muro.

§ 30. È vietato agli uomini imitare le donne e alle donne imitare gli uomini.

§ 31. È vietato partecipare alle riunioni dei “folli di Dio” (majâdhib), mantenere relazioni con loro ed imitarli.

§ 32. È vietato al discepolo compiere lunghi viaggi senza l’autorizzazione dello Shaykh.

§ 33. È vietato a chi ha un mestiere abbandonarlo senza l’autorizzazione del suo Shaykh.

§ 34. È assolutamente vietato ai membri del nostro tarîq scrivere, senza la nostra autorizzazione, una preghiera (da’wa),  un’invocazione (wird), un “corpo rituale”  (wazifa) da recitare ai discepoli o ad altre persone durante le riunioni (hadra).

§ 35. È vietato, salva l’autorizzazione dello Shaykh, recitare per strada ad alta voce le formule in uso alla Shâdhiliyya.

§ 36. È vietato abbandonarsi a comportamenti biasimevoli come la mendicità, l’abbigliamento lacero e altre cose di questo genere, senza l’autorizzazione dello Shaykh.

§ 37. Divieto per ogni khalîfa (capo della comunità) e a maggior ragione per chi insegna (yolaqqin) la dottrina della tarîqa, di comunicare al suo discepolo dei nomi divini non arabi, di ordinargli un ritiro nella khawa (nella cella di clausura), di assegnargli delle preghiere come la Jaliludiyya o la Barhatiyya, di fargli recitare durante la notte ad esempio diecimila nomi (divini) o qualunque altra cosa simile. Ne sarà responsabile così come delle conseguenze che ne deriveranno.

§ 38. È assolutamente vietato utilizzare il tamburello, i piatti, gli strumenti a corde e tutto ciò che è loro simile, così come il tamburo, la darabokka, il flauto nay, durante le riunioni o nelle processioni.

§ 39. È vietato far passare sugli uomini dei cavalli o altre cose che ricordino la dawsa.

§ 40. Non si deve favorire la bassa anima (nafs): la Grazia di Dio è lontana da quanti lo fanno.

§ 41. Non si deve tener conto delle lamentele degli uomini né dei loro vanti.

§ 42. È vietato mangiare insetti, cactus (sobbâr) e vetro, ferirsi con una spada o con uno spillo e inghiottire fuoco: tutto ciò è prestidigitazione e i membri del tarîq se ne astengono.

§ 43. È consentita la visita alle tombe dei Santi, ma si deve evitare di visitare gli Shuyukh viventi, salvo che questo avvenga per consultarli riguardo a un dubbio del proprio Shaykh o del proprio tarîq.

§ 96. Il cantore (qawwâl) è il coppiere dei sufi (faqîr).

§ 97. Mentre canta, il cantore deve avere un cuore puro e volto a Dio affinché il suo canto esca dal suo cuore e brilli su di lui la luce del compiacimento. 

Seyyid Salâma Hasan Râdi

Presentazione

Il testo che proponiamo è un estratto della regola della Tariqa Hâmidiyah dello Seyyid Salâma Hasan er-Râdi, Qanûn tariqa l-sâda l-Hâmidiyya bi-l-diyar al-Misriya (Il Cairo, ristampa del 1965), presentata da Ernst Bannerth nel suo articolo “Aspetti umani della Shadhiliyya in Egitto”, pubblicato nel numero 11 della rivista Mélanges dell’Istituto domenicano di studi orientali del Cairo (Dar al-Maaref, Il Caire – 1972).
È stata richiamata la nostra attenzione perché al tempo stesso il soggetto trattato è del tutto coerente con le motivazioni de Le Porteur de Savoir* e anche  per queste annotazioni dell’autore: 
«Si avverte in questo piccolo libro l’influenza del pensiero del filosofo al-Fârâbî, il cui trattato Al-Madina l-fadila fu pubblicato al Cairo nel 1906 (cfr. P. 77 du Kitâb ârâ ahl-madina l-fadila : ihtiyaj al-insân ilâ l-ijtimâ’ wal-ta’âwon, il bisogno, per l’uomo dell’attività sociale e dell’associazione). Anche questo libro comincia con una trattazione antropologica e prosegue con l’esame dell’anima e delle creature spirituali e della vita comunitaria degli uomini (cfr. Dieterci, Der Musterstaat von Al-Fârâbî, chap. 26 ss, Leide, 1906). Râdî non menziona quest’opera, ma ne ha la stessa concezione, adattata al suo metodo spirituale. 
Non desta stupore che René Guénon, convertito all’Islam nel 1912  (Abd al-Halîm Mahmûd, p. 11) sia divenuto membro di questa confraternita (Abd al-Halîm Mahmûd, p. 11) ».
Anche lasciando all’autore di queste righe la responsabilità di queste affermazioni e della sua conclusione, ci sembra che questo lavoro possa trovare posto qui.
Sotto l’aspetto formale, segnaliamo che abbiamo ridotto le nostre citazioni alle sole regole della tarîqah, lasciando da parte, almeno per il momento, le note dell’autore dell’articolo.
 Avendo avuto recentemente la disponibilità del testo arabo del Qânûn, abbiamo deciso di provare a migliorare la traduzione quando possibile[1].
(Mohammed Abd as-Salâm, redattore di Le Porteur de Savoir)

* Tratto dal sito: http://leporteurdesavoir.fr



[1] In questo caso, abbiamo fatto figurare in nota la traduzione originale.
[2] Il rifiuto dell’ipocrisia è un principio del nostro tarîq. 
[3] Semplicità di cuore e fiducia in Dio e nei suoi adoratori. 
[4] Aiutare i poveri e mostrarsi benevolo verso di loro, sia materialmente che spiritualmente, e questo il più possibile. 
[5] Non obbedire mai a una creatura nel caso di ribellione al Creatore. 
[6] L’umiltà e la dignità devono fornire l’ornamento spirituale al faqîr: che eviti di ridere frequentemente e lo scherzo per attirare i cuori e guadagnare la simpatia della gente o per essere da loro almeno considerato. 
[7] Chi del nostro  tarîq tratta delle “verità” haqâiq, si conformi al Libro e alla Sunnah. 
[8] A nessuno del nostro tarîq è permessa l’“incarnazione” holûl,  ne l’“unione ipostatica” ittihâd, panthéisme, ne la definizione delle modalità di Dio jiha, ne che Dio Vero è uguale alla creatura, ne la parola maqâla d’al-Hallâj. 
[9] Non è consentito ad alcuno del nostro tarîq di essere un “libero pensatore” ahl al-ibâha che pretenda di abolire i doveri e dichiari ammissibili gli atti proibiti perché questo è proprio della miscredenza zandaqa e molte persone vi sono cadute dopo aver mirato la più eccelsa santità wilâya.

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