"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

sabato 29 novembre 2014

René Guénon, Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi - 21. Caino e Abele

René Guénon
Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi 

21. Caino e Abele

Oltre a quelle di cui abbiamo detto finora, la «solidificazione» del mondo ha, nell’ordine umano e sociale, altre conseguenze di cui non abbiamo ancora parlato: essa genera, a questo riguardo, uno stato di cose in cui tutto è contato, registrato e regolamentato, ciò che in fondo non è che un’altra forma di «meccanizzazione».
È fin troppo facile constatare dappertutto, all’epoca nostra, fatti sintomatici quali, per esempio, la mania dei censimenti (la quale si ricollega del resto direttamente all’importanza attribuita alle statistiche)[1] e, in generale, l’incessante moltiplicarsi degli interventi amministrativi in tutte le congiunture della vita, interventi che devono ovviamente avere come effetto di assicurare l’uniformità più completa possibile tra gli individui, tanto più che uno dei «principi», se così si può chiamare, d’ogni amministrazione moderna, è di trattare tali individui come semplici unità numeriche in tutto simili l’una all’altra, vale a dire d’agire come se, per ipotesi, l’uniformità «ideale» fosse già realizzata, e di obbligare in questo modo tutti gli uomini a «dimensionarsi», se si potesse dire, secondo una stessa misura «media».
Avviene d’altronde che simile regolamentazione, man mano sempre più eccessiva, abbia una conseguenza assai paradossale: mentre si vantano la rapidità e la facilità crescenti delle comunicazioni tra i paesi più lontani, grazie alle invenzioni dell’industria moderna, nello stesso tempo si procurano tutti gli ostacoli possibili alla libertà delle comunicazioni, cosicché è spesso praticamente impossibile passare da un paese all’altro, ed in ogni caso ciò è diventato certamente molto più difficile che ai tempi in cui non esisteva nessun mezzo meccanico di trasporto. Si tratta di un altro degli aspetti particolari della «solidificazione»: in un mondo simile non c’è più posto per i popoli nomadi che finora sussistevano in condizioni diverse, perché essi giungono a poco a poco a non trovar. più davanti a loro alcuno spazio libero, e giacché inoltre vengono fatti sforzi di ogni genere per ridurli a vita sedentaria,[2] cosicché anche sotto questo aspetto non sembra più molto lontano il momento in cui «la ruota cesserà di girare». Per di più in questa vita sedentaria le città, le quali rappresentano in qualche modo l’ultimo grado della «fissazione», assumono un’importanza preponderante e tendono sempre più ad assorbire ogni cosa:[3] è così che, verso la fine del ciclo, Caino termina veramente di uccidere Abele.
In effetti, nel simbolismo biblico Caino è rappresentato prima di tutto come un agricoltore, e Abele come un pastore, e sono perciò i tipi delle due specie di popoli che ebbero esistenza fin dall’origine dell’umanità presente, o per lo meno fin da quando non si produsse la prima differenziazione: i sedentari, dediti alla coltivazione della terra; i nomadi, dediti all’allevamento del bestiame.[4] Sono queste, occorre insistere, le occupazioni essenziali e primordiali di questi due tipi umani; il resto non è se non accidentale, derivato e sovrapposto, e parlare per esempio di popoli cacciatori o pescatori, come comunemente fanno gli etnologi moderni, è o confondere l’accidentale con l’essenziale, o riferirsi unicamente a casi più o meno tardivi di anomalia e di degenerazione, come se ne possono riconoscere di fatto presso certi selvaggi (ed i popoli principalmente commercianti o industriali dell’Occidente moderno non sono del resto meno anormali, benché in un modo diverso).[5] Ciascuna di queste due categorie aveva naturalmente la legge tradizionale sua propria, differente da quella dell’altra e adatta al suo genere di vita e alla natura delle sue occupazioni; tale differenza si manifestava in particolare nei riti sacrificali, da cui la speciale menzione fatta nel racconto della Genesi delle offerte vegetali di Caino e delle offerte animali di Abele.[6] E poiché stiamo facendo più particolare riferimento al simbolismo biblico, sarà bene notare immediatamente, a tal proposito, che la Thorah ebraica si ricollega propriamente al tipo di legge dei popoli nomadi: di qui il modo in cui è presentata la storia di Caino e Abele, la quale, dal punto di vista dei popoli sedentari, apparirebbe sotto un’altra luce e sarebbe suscettibile di un’altra interpretazione. Resta però inteso che gli aspetti corrispondenti a questi due punti di vista sono inclusi entrambi nel suo significato profondo, perché non si tratta d’altro, in definitiva, che di un’applicazione del duplice significato dei simboli, applicazione a cui abbiamo già fatto parziale allusione trattando della «solidificazione», poiché tale questione, come si vedrà forse ancor meglio in seguito, è strettamente legata al simbolismo dell’uccisione di Abele da parte di Caino. Dallo speciale carattere della tradizione ebraica discende pure la riprovazione che è in essa legata a certe arti o a certi mestieri i quali convengono propriamente ai sedentari, e specificamente a tutto quel che attiene alla costruzione di dimore fisse. Così, di fatto, fu per lo meno fino all’epoca in cui precisamente Israele cessò d’esser nomade, e almeno per diversi secoli, vale a dire fino ai tempi di Davide e di Salomone, e si sa che per costruire il Tempio di Gerusalemme fu ancora necessario far ricorso a operai stranieri.[7]
Sono naturalmente i popoli dediti all’agricoltura che, a causa del loro essere sedentari, presto o tardi sono portati a costruire città; e, di fatto, è detto che la prima città fu fondata da Caino stesso; tale fondazione ha d’altronde luogo soltanto molto dopo che vien fatta menzione delle occupazioni agricole di Caino, ciò che fa ben vedere come vi siano due fasi successive nel «sedentarismo», la seconda rappresentando, nei confronti della prima, un grado più accentuato di fissità e di «restrizione» spaziale. In modo generale, le opere dei popoli sedentari possono esser dette opere del tempo: costretti nello spazio in un campo strettamente limitato, essi sviluppano la loro attività in una continuità temporale che appare loro indefinita. All’opposto, i popoli nomadi e pastori non edificano nulla di durevole, e non lavorano in vista d’un avvenire che sfugge loro; ma hanno davanti a sé lo spazio, il quale non oppone nessuna limitazione, aprendo loro, al contrario, costantemente nuove possibilità. Si ritrova in tal modo la corrispondenza dei principi cosmici ai quali si riferisce, in un altro ordine, il simbolismo di Caino e di Abele: il principio di compressione, rappresentato dal tempo; il principio di espansione, rappresentato dallo spazio.[8] A dire il vero, sia l’uno sia l’altro di questi due principi si manifestano tanto nel tempo quanto nello spazio, così come in ogni cosa, ed è necessario notarlo per evitare identificazioni o assimilazioni troppo «semplificate», e per risolvere, talvolta, certe opposizioni apparenti; ciò nonostante, è certo che l’azione del primo predomina nella condizione temporale, e quella del secondo nella condizione spaziale. Ora, il tempo consuma lo spazio, se così si può dire, affermando in tal modo la sua natura di «divoratore», e di conseguenza, nel corso degli anni, i sedentari assorbono i nomadi a poco a poco: sta qui, come accennavamo più sopra, il senso sociale e storico dell’uccisione di Abele da parte di Caino.
L’attività dei nomadi si esercita specialmente sul regno animale, come essi mobile; quella dei sedentari, al contrario, prende come oggetto i due regni fissi, il vegetale ed il minerale.[9] D’altra parte, per forza di cose, i sedentari sono portati ad adottare dei simboli visivi, immagini fatte di sostanze diverse, le quali sotto l’aspetto del loro significato essenziale si riconducono però sempre, più o meno direttamente, allo schematismo geometrico, origine e fondamento di ogni formazione spaziale. I nomadi, invece, a cui le immagini sono vietate, così come tutto quel che tenderebbe a legarli ad un luogo determinato, si costituiscono dei simboli sonori, i soli compatibili con il loro stato di migrazione continua.[10] Sennonché c’è da notare che, fra le facoltà sensibili, la vista è in rapporto diretto con lo spazio, e l’udito col tempo: gli elementi del simbolo visivo si esprimono in simultaneità, quelli del simbolo sonoro in successione; in questo ambito si opera perciò una specie di rovesciamento delle relazioni già considerato in precedenza, rovesciamento che è del resto necessario per stabilire un certo equilibrio tra i due principi contrari di cui abbiamo parlato, e per mantenere le loro rispettive azioni entro limiti compatibili con l’esistenza umana normale. A causa di ciò i sedentari creano le arti plastiche (architettura, scultura, pittura), cioè le arti delle forme che si dispiegano nello spazio; i nomadi creano le arti fonetiche (musica, poesia), cioè le arti delle forme che si sviluppano nel tempo; e ciò perché, è opportuno insistervi una volta ancora, tutte le arti alla loro origine sono essenzialmente simboliche e rituali, ed è soltanto a causa di una degenerazione posteriore, in realtà molto recente, che esse perdono questo loro carattere sacro per diventare alla fine il «gioco» puramente profano a cui si riducono presso i nostri contemporanei.[11]
Ecco perciò dove si manifesta il complementarismo delle condizioni d’esistenza: coloro che lavorano per il tempo sono stabilizzati nello spazio; coloro che errano nello spazio si modificano incessantemente col tempo. Ed ecco ancora riapparire l’antinomia del «senso inverso»: coloro che vivono secondo il tempo, elemento mutevole e distruggitore, si fissano e conservano; coloro che vivono secondo lo spazio, elemento fisso e permanente, si disperdono e mutano incessantemente. Occorre che sia così perché l’esistenza degli uni e degli altri permanga possibile, in grazia dell’equilibrio almeno relativo che si stabilisce tra i termini rappresentativi delle due tendenze contrarie; se l’una o l’altra solamente delle due tendenze compressiva ed espansiva entrasse in azione, la fine sopravverrebbe ben presto, vuoi per «cristallizzazione», vuoi per «volatilizzazione», se ci è permesso servirci a questo proposito delle espressioni simboliche che dovrebbero evocare la «coagulazione» e la «soluzione» alchemiche, le quali d’altronde corrispondono effettivamente, nel mondo attuale, a due fasi delle quali avremo ancora da precisare in seguito il significato rispettivo.[12] Ci troviamo qui, di fatto, in un campo dove si affermano con nettezza particolare tutte le conseguenze delle dualità cosmiche, immagini o riflessi più o meno lontani della dualità prima, quella stessa di essenza e di sostanza, del Cielo e della Terra, di Purusha e di Prakriti, la quale genera e domina ogni manifestazione.
Sennonché, per ritornare al simbolismo biblico, il sacrificio animale è fatale ad Abele,[13] e l’offerta vegetale di Caino non è gradita;[14] colui che è benedetto muore, e quegli che vive è maledetto. L’equilibrio, dall’una e dall’altra parte, è dunque rotto; come ristabilirlo se non per mezzo di scambi, tali che ciascuno abbia la sua parte delle produzioni dell’altro? Così avviene che il movimento associ il tempo e lo spazio, essendo in qualche modo una risultante della loro combinazione, e concili in essi le due tendenze opposte di cui s’è trattato poco fa;[15] il movimento non è ancora, anch’esso, nient’altro che una serie di squilibri, ma la somma di questi ultimi costituisce l’equilibrio relativo compatibile con la legge della manifestazione o del «divenire», cioè con l’esistenza contingente stessa. Ogni scambio fra gli esseri soggetti alle condizioni temporale e spaziale è in definitiva un movimento, o meglio un insieme di due movimenti inversi e reciproci, i quali si armonizzano e si compensano l’un l’altro; qui l’equilibrio si realizza perciò direttamente in grazia di tale compensazione.[16] Il movimento alternativo degli scambi può del resto avere il suo oggetto nei tre campi spirituale (o intellettuale puro), psichico e corporeo, in corrispondenza con i «tre mondi»: scambio dei principi, dei simboli e delle offerte; questo è, nella vera storia tradizionale dell’umanità terrestre, il triplice fondamento sul quale riposa il mistero dei patti, delle alleanze e delle benedizioni, vale a dire, in fondo, la ripartizione vera e propria delle «influenze spirituali» in azione nel nostro mondo. Ma non possiamo insistere oltre su queste ultime considerazioni, che si riferiscono in tutta evidenza a uno stato normale da cui siamo attualmente lontanissimi in ogni senso, e del quale il mondo moderno in quanto tale non è propriamente che la pura e semplice negazione.[17]



[1] Ci sarebbe molto da dire sulle proibizioni formulate in alcune tradizioni contro i censimenti, salvo in pochi casi eccezionali; se si dicesse che simili operazioni, insieme a tutte quelle del cosiddetto «stato civile», hanno fra gli altri inconvenienti quello di contribuire ad accorciare la durata della vita umana (ciò che è del resto conforme al procedere stesso del ciclo, soprattutto nei suoi ultimi periodi), certamente nessuno ci crederebbe, e tuttavia in certi paesi anche i contadini più ignoranti sanno benissimo, quale fatto d’esperienza corrente, che se si contano troppo spesso gli animali ne muoiono molti di più che se ci se ne astiene; Sennonché evidentemente, agli occhi dei moderni sedicenti «illuminati», queste non possono essere che «superstizioni»!
[2] A questo proposito si possono citare quali esempi particolarmente significativi i progetti «sionisti» nei riguardi degli Ebrei, così come i tentativi fatti di recente per «fissare» gli Zingari in alcune contrade dell’Europa orientale.
[3] A tale riguardo è necessario, per di più, ricordare che la «Gerusalemme celeste» è essa stessa simbolicamente una «città», ciò che mostra come anche in questo caso occorra tener conto, come dicevamo più sopra, di un duplice significato della «solidificazione».
[4] Sarebbe il caso di aggiungere che, poiché Caino è definito il fratello maggiore, l’agricoltura pare, per questa ragione, avere una certa anteriorità; e di fatto Adamo stesso è rappresentato fin da prima della «caduta» come avente per funzione di «coltivare il giardino», ciò che d’altronde ha propriamente attinenza col predominio del simbolismo vegetale nella raffigurazione dell’inizio del ciclo (donde un’«agricoltura» simbolica e financo iniziatica, quella stessa che Saturno, presso i Latini, era detto aver pure insegnato agli uomini dell’«età dell’oro»); comunque stiano le cose, noi qui dobbiamo tener conto soltanto dello stato simboleggiato dall’opposizione (la quale è nello stesso tempo un complementarismo) di Caino e di Abele, vale a dire di quello stato in cui la distinzione dei popoli in agricoltori e pastori è già un fatto compiuto.
[5] Le denominazioni di Iran e Turan, nelle quali si sono volute vedere designazioni di razze, in realtà definiscono rispettivamente i popoli sedentari e i popoli nomadi; Iran o Airyana deriva dal termine arya (da cui ârya per allungamento), che significa «aratore» (derivato a sua volta dalla radice ar, che si ritrova nel latino arare, arator, ed anche arvum, «campo»); sicché l’uso del termine ârya quale designazione onorifica (per le caste superiori) è, di conseguenza, caratteristico della tradizione dei popoli dediti all’agricoltura.
[6] Riguardo all’importanza del tutto particolare del sacrificio e dei riti che vi si riferiscono nelle diverse forme tradizionali, cfr. Frithjof Schuon, Du Sacrifice, in «Études Traditionnelles», aprile 1938, e A.K. Coomaraswamy, Âtmayajna: Self-sacrifice, in «Harvard Journal of Asiatic Studies», febbraio 1942.
[7] La fissazione del popolo ebraico dipendeva d’altronde essenzialmente dall’esistenza stessa del Tempio di Gerusalemme; distrutto questo, il nomadismo ricompare sotto la forma speciale della «dispersione».
[8] Per ciò che riguarda questo significato cosmologico rimandiamo ai lavori di Fabre d’Olivet. 
[9] L’utilizzazione degli elementi minerali comprende in particolare la costruzione e la metallurgia; su quest’ultima avremo da ritornare, poiché il simbolismo biblico ne fa risalire l’origine a Tubalcain, a un discendente diretto, cioè, di Caino, il cui nome si ritrova addirittura quale elemento che entra nella formazione del suo proprio nome; ciò sta ad indicare che tra i due esiste una corrispondenza particolarmente stretta. 
[10] La distinzione tra queste due fondamentali categorie di simboli è, nella tradizione indù, quella tra yantra, o simbolo figurato, e mantra, o simbolo sonoro; essa comporta naturalmente una distinzione corrispondente nei riti dove questi elementi simbolici sono rispettivamente impiegati; quantunque non sempre si possa riscontrare una separazione così netta come quella che è il caso di affermare in linea teorica, giacché di fatto sono possibili, in questo campo, tutte le combinazioni nelle proporzioni più diverse.
[11] Occorrerà appena far rilevare che in tutte le considerazioni qui esposte si vede apparire nettamente il carattere correlativo e in qualche modo simmetrico delle due condizioni spaziale e temporale viste sotto il loro aspetto qualitativo. 
[12] È questa la ragione per cui il nomadismo, sotto il suo aspetto «malefico» e deviato, esercita facilmente un’azione «dissolutrice» su tutto ciò con cui viene a contatto; da parte sua il sedentarismo, sotto lo stesso aspetto, non può infine portare che alle forme più grossolane di un materialismo senza vie d’uscita. 
[13] Come Abele versò il sangue degli animali, così il suo sangue è versato da Caino; è da vedere in ciò l’espressione di una «legge di compensazione» in virtù della quale i parziali squilibri nei quali consiste in fondo ogni manifestazione si integrano nell’equilibrio totale.  
[14] Vale la pena di dar rilievo al fatto che la Bibbia ebraica ammette tuttavia la validità del sacrificio incruento in sé e per sé considerato: è tale infatti il caso del sacrificio di Melchisedec, consistente nell’offerta essenzialmente vegetale del pane e del vino; sennonché quest’ultima si riconduce in realtà al rito del Soma vedico e alla perpetuazione diretta della «tradizione primordiale», al di là della forma particolare della tradizione ebraica e «abramica», e persino, ben più lontano ancora, al di là della distinzione tra la legge dei popoli sedentari e quella dei popoli nomadi; si tratta di un altro ricordo dell’associazione del simbolismo vegetale con il «Paradiso terrestre», vale a dire con lo «stato primordiale» della nostra umanità. L’accettazione del sacrificio di Abele e il rifiuto di quello di Caino sono talvolta raffigurati in una forma simbolica piuttosto inconsueta: il fumo del primo s’innalza verticalmente verso il cielo, mentre quello del secondo si spande orizzontalmente sulla superficie della terra; essi tracciano in tal modo, rispettivamente, l’altezza e la base d’un triangolo che rappresenta l’ambito della manifestazione umana. 
[15] Del resto queste due tendenze si manifestano inoltre nel movimento stesso, sotto le forme rispettive del movimento centripeto e del movimento centrifugo. 
[16] Equilibrio, armonia, giustizia non sono in realtà che tre forme o tre aspetti di una sola e identica cosa; sarebbe del resto possibile, in un certo qual senso, farli corrispondere rispettivamente ai tre campi di cui parliamo dopo, a condizione, beninteso, di limitare in tal caso la giustizia al suo senso più immediato, del quale la semplice «onestà» nelle transazioni commerciali rappresenta, nei moderni, l’espressione parziale e degenerata, in seguito alla riduzione d’ogni cosa al punto di vista profano e alla meschina banalità della «vita ordinaria».
[17] L’intervento dell’autorità spirituale in ciò che riguarda la moneta, nelle civiltà tradizionali, si riferisce direttamente a quanto qui accennato; la moneta stessa, di fatto, è in qualche modo la rappresentazione vera e propria dello scambio, e da ciò si può comprendere in modo più preciso quale fosse la funzione effettiva dei simboli su di essa riprodotti e che di conseguenza circolavano con essa, conferendo allo scambio un significato completamente diverso da quello inerente alla sua semplice «materialità», la quale è tutto quel che ne rimane nelle condizioni profane che dominano, nel mondo moderno, le relazioni sia dei popoli sia degli individui.

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