"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

venerdì 6 gennaio 2017

Ibn Tufayl, Hayy ibn Yaqzan (Il Vivente figlio del Vigilante) - 5/7

Ibn Tufayl
Hayy ibn Yaqzan (Il Vivente figlio del Vigilante)
  
5/7

Dai ventotto ai trentacinque anni
Comprese che il cielo e gli astri che erano in esso erano corpi, poiché si estendevano nelle tre direzioni, altezza, larghezza, profondità; nessuno di essi infatti era privo di questa proprietà, e tutto ciò che non era privo di questa proprietà era un corpo.
Dunque essi erano tutti dei corpi. Poi rifletté: si estendevano all'infinito continuando a spingersi sempre in altezza, larghezza, profondità? oppure erano finiti, delimitati da confini presso i quali cessavano, e non era possibile che dietro di essi ci fosse una qualche estensione? Si domandò per qualche tempo come stessero le cose. Poi, con la sua capacità speculativa e con la perspicacia della sua mente, vide che un corpo infinito è una cosa vana che non può esistere e un concetto che non è comprensibile. Si rafforzò in lui questa opinione con molti argomenti che gli si presentavano alla mente; e diceva infatti: questo corpo celeste è limitato dalla parte che volge verso di me nella direzione in cui io lo percepisco, e su questo non ho dubbi, poiché io lo vedo con i miei occhi. Quanto alla direzione opposta a questa, su di essa potrei avere dei dubbi, ma io so anche che è impossibile che si estenda all'infinito; poiché, se immagino che due linee abbiano inizio da questa parte finita e attraversino lo spessore del corpo all'infinito, seguendo l'estendersi del corpo, poi immagino che di una di queste due linee si tagli una gran parte dal lato finito, poi si prenda ciò che ne rimane e si congiunga l'estremità che è stata tagliata con la estremità della linea che non ha subito alcun taglio, e il pensiero le accompagni nella direzione in cui si dice che esse non hanno fine, o troviamo che le due linee si estendono sempre all'infinito, e nessuna delle due è più corta dell'altra, e quella da cui è stata tagliata una parte è uguale a quella che non ha subito alcun taglio, e questo è impossibile; oppure [troviamo che] quella che manca di una parte non procede sempre a fianco dell'altra ma si interrompe senza proseguire, cessando di estendersi a fianco dell'altra e diviene finita; se ora le si restituisce la parte che le si era tagliata prima, per cui era diventata finita, essa, tutta intera, è ancora una linea finita, che non è più corta della linea che non aveva subito alcun taglio, né più lunga, ma diviene uguale ad essa, ed è finita. Allora anche l'altra linea è finita, ed è finito il corpo in cui vengono immaginate queste due linee, e in ogni corpo è possibile immaginare queste linee. Ogni corpo dunque è finito, e se ipotizziamo un corpo infinito, ipotizziamo una cosa vana e impossibile.
Quando, con quelle doti eccellenti che gli avevano permesso di giungere a questa dimostrazione, ebbe verificato che il corpo del cielo era finito, volle conoscere di quale forma fosse e in che modo fosse interrotta la sua continuità dalle superfici che lo delimitavano. Considerò dapprima il sole, la luna e tutti gli astri. Vide che tutti sorgevano da oriente e tramontavano ad occidente; quelli di essi che transitavano allo zenit su di lui, descrivevano una circonferenza più grande mentre quelli che erano inclinati rispetto allo zenit su di lui verso nord o verso sud, li vedeva descrivere una circonferenza minore. La circonferenza descritta da quelli che erano più lontani dallo zenit verso uno dei due lati era sempre minore della circonferenza descritta da quelli che erano più vicini, finché si giungeva alle due circonferenze più piccole fra quelle su cui si muovevano gli astri: una di esse era intorno al polo l'altra era sud ed era l'orbita di Canopo e intorno al polo nord ed era l'orbita delle stelle dell'Orsa Minore Per chi si trovasse all'equatore, di cui abbiamo trattato prima, tutte queste circonferenze si levavano sopra la superficie del suo orizzonte, il loro susseguirsi era simmetrico a sud e a nord e i due poli gli erano entrambi visibili, e se vedeva sorgere contemporaneamente un astro su una circonferenza grande e un altro su una circonferenza piccola, li vedeva tramontare contemporaneamente. Questo gli si manifestò per tutti gli astri ed in ogni tempo, e gli apparve chiaro da ciò che il cielo era di forma sferica. Lo confermò nella sua convinzione il vedere che il sole, la luna e tutti gli astri ritornavano a oriente dopo il loro tramonto ad occidente, e anche il fatto che apparivano ai suoi occhi della stessa grandezza quando sorgevano, quando culminavano e quando tramontavano, mentre se essi si fossero mossi su un'orbita di forma diversa da quella di una sfera, inevitabilmente in qualche tempo sarebbero stati più vicini ai suoi occhi che in un altro tempo; in tal caso le loro grandezze sarebbero apparse differenti ai suoi occhi, e li avrebbe visti, quando erano vicini, più grandi di come li vedeva quando erano lontani, per la differenza delle loro distanze dal suo punto di osservazione, quindi in modo diverso rispetto a prima. Poiché non vedeva niente di tutto ciò, fu verificata secondo lui la sfericità del cielo. Continuò ad esaminare il movimento della luna, e vedeva che avveniva da occidente a oriente, e ugualmente avveniva dei movimenti dei pianeti finché gli fu chiara una gran parte dell'astronomia, e gli fu manifesto che i loro movimenti avvenivano per opera di molte sfere, tutte contenute in un unica sfera, ed essa era la più alta, ed era quella che muoveva la totalità delle sfere da oriente a occidente, di giorno e di notte; ma spiegare il modo in cui avviene il suo spostamento sarebbe troppo lungo, e dato che si trova nei libri non è necessario parlarne per ciò che ci proponiamo se non nella misura in cui l'abbiamo fatto.
Quando fu giunto a questa conoscenza, si convinse che la sfera del cielo tutta intera, e ciò che essa conteneva, era come una cosa sola strettamente connessa in ogni sua parte, e che tutti i corpi che prima osservava in essa, come la terra, l'acqua, l'aria, le piante, gli animali e simili, erano tutti nel suo interno e non fuori di essa, e che essa nel suo insieme era simile ad un individuo animale e che gli astri risplendenti che erano in essa erano simili ai sensi dell'animale, e che le varie sfere celesti che erano in essa, strettamente connesse le une alle altre, erano simili agli organi dell'animale, e che il mondo della generazione e della corruzione che era nel suo interno era simile, nel ventre dell'animale, ai vari tipi di escrementi e di umori in cui spesso si formavano anche animali, come nel macrocosmo.
Quando gli apparve chiaro che essa nella sua totalità era in realtà come un solo individuo che aveva bisogno di una Causa e divennero una cosa sola ai suoi occhi le sue molte parti, come erano diventati per lui una cosa sola tutti i corpi del mondo della generazione e della corruzione, rifletté sul mondo nel suo insieme: era una cosa che era venuta all'esistenza dopo che non era, e si era aperta all'essere dopo il non-essere, oppure era una cosa che era sempre esistita, il cui essere non era stato preceduto dal non-essere? Si pose questo problema, ma nessuna delle due opinioni gli sembrò più valida dell'altra. Se infatti adottava il partito dell'eternità del mondo, gli si presentavano molti ostacoli, per l'impossibilità di concepire un'esistenza eterna, per un ragionamento simile a quello per cui era impossibile ai suoi occhi l'esistenza di un corpo infinito. Così pure vedeva che questo essere non era privo di cose prodotte cui non poteva essere antecedente, e ciò che non può precedere nel tempo le cose prodotte è anch'esso prodotto. Se d'altra parte decideva che il mondo era venuto all'esistenza, gli si presentavano altri ostacoli: vedeva infatti che il concetto della produzione del mondo dopo che non era non si poteva comprendere se non si possedeva il concetto del tempo ad essa antecedente; ma il tempo faceva parte del mondo e non era separato da esso. Ed ecco, non si comprendeva che il mondo venisse dopo il tempo. Diceva inoltre: "Se è prodotto, ha senz'altro bisogno di un Produttore; e se questo Produttore che io ha prodotto non lo ha fatto ora, perché avrebbe dovuto farlo prima? Lo ha colto il desiderio improvviso, quando Egli solo esisteva? Oppure è sopraggiunto un cambiamento nella Sua essenza?".
Continuò a rifletterci sopra per molti anni, mentre in lui gli argomenti si contrastavano senza che nessuno dei due prevalesse sull'altro. Quando fu stanco di questa riflessione, si mise ad analizzare ciò che conseguiva necessariamente da ognuna delle due opinioni: forse avevano entrambe una sola conseguenza.
Vide che, se ammetteva che il mondo aveva cominciato ad essere dopo il non-essere, conseguiva necessariamente da questo che non poteva venire all'esistenza da solo, ma che aveva bisogno di un Agente che lo avesse fatto esistere. E questo Agente non poteva essere raggiunto da nessuno dei sensi, poiché se fosse stato colto dai sensi sarebbe stato un corpo, se fosse stato un corpo sarebbe appartenuto al mondo, sarebbe stato prodotto, e avrebbe avuto bisogno di un produttore. E se anche questo secondo produttore fosse stato un corpo, avrebbe bisogno di un terzo produttore, e il terzo di un quarto, e ciò sarebbe continuato all'infinito. Dunque il mondo aveva bisogno di un Agente che non fosse un corpo. Se non era un corpo, non era percettibile ai sensi, perché i cinque sensi non percepivano che i corpi o ciò che era inerente ai corpi. E se non poteva essere percepito dai sensi, non poteva neppure essere immaginato, poiché la facoltà immaginativa non era altro che il richiamare alla mente le immagini delle cose sensibili dopo che si erano nascoste [alla vista]. Se non era un corpo, erano impensabili per Lui tutte le proprietà dei corpi. Ora, la prima proprietà dei corpi era l'estensione in altezza, larghezza e profondità: Egli era immune da questa e da tutte le proprietà dei corpi che ne conseguivano. Se era il Creatore del mondo, senza dubbio aveva potere su di esso, e lo conosceva: "Non conosce forse, Colui che ha creato? Egli è il sottile e il ben Informato"[1]. Vide anche che, se concludeva che il mondo era eterno, che il non-essere non lo aveva preceduto e che non aveva mai cessato di essere come era, era necessario per questo che il suo movimento fosse eterno e senza principio, a meno che non lo avesse preceduto uno stato di quiete da cui aveva avuto inizio. Ora, ogni movimento aveva bisogno necessariamente di un motore. E il motore, o era una forza che si diffondeva in un corpo, sia un corpo che si muoveva da solo, sia un altro corpo esterno ad esso, oppure era una forza che non si diffondeva e si propagava in un corpo. Ogni forza che si diffondeva e non si propagava in un corpo si divideva al suo dividersi, si raddoppiava al suo raddoppiarsi, come ad esempio nella pietra la pesantezza che la faceva muovere verso il basso: se si fosse tagliata a metà la pietra, si sarebbe dimezzata la sua pesantezza, se le si fosse aggiunta un'altra pietra della stessa pesantezza, la pesantezza sarebbe aumentata di una quantità pari alla sua pesantezza; se fosse stato possibile che la pietra si accrescesse all'infinito, questa pesantezza si sarebbe accresciuta all'infinito, se la pietra fosse giunta ad un limite nell'accrescimento e poi si fosse fermata, la pesantezza sarebbe giunta a questo limite e si sarebbe fermata. Ma aveva dimostrato che ogni corpo era necessariamente limitato, quindi ogni forza in un corpo doveva necessariamente essere limitata. Se dunque noi troviamo una forza che compie un'azione infinita, essa è una forza che non è in un corpo. Ora, abbiamo trovato che la sfera celeste si muove sempre di un movimento infinito e ininterrotto, e la abbiamo ipotizzata eterna, senza un principio; ed è necessario per questo che la forza che la muove non sia nel suo corpo, né in un corpo esterno ad essa. Essa quindi è una cosa che sussiste indipendentemente dai corpi e che non è caratterizzata dalle qualità proprie dei corpi. Aveva intuito, al suo primo osservare il mondo della generazione e della corruzione, che la realtà dell'essere di ogni corpo era costituita solo dalla sua forma, che era la sua inclinazione a compiere determinati movimenti, e che la realtà che aveva in quanto costituito di materia era un essere debole, che a malapena si poteva percepire. L'esistenza di tutto il mondo era dunque solo quella che gli proveniva dalla sua inclinazione a muoversi per opera di questo Motore esente dalla materia, dalle proprietà dei corpi, irraggiungibile da parte dei sensi e della facoltà immaginativa - sia gloria a Lui - e se era Causa dei diversi movimenti della sfera celeste, in realtà non c’era in Lui cambiamento né interruzione, ed era senza dubbio potente su di essa e la conosceva. La sua speculazione giunse per questa via a ciò cui era giunto attraverso la prima via, e non gli fu di danno in questo il suo essere in dubbio sull'eternità del mondo o sul suo essere prodotto. Verificò in entrambi i casi, infatti, l'esistenza di un Agente che non era un corpo, né era congiunto ad un corpo ne separato da esso, né era interno a un corpo né esterno; poiché l'essere congiunto, l'essere separato, l'essere interno e l'essere esterno erano tutte proprietà nei corpi; ed Egli ne era privo. Poiché la materia di ogni corpo aveva bisogno della forma e non sussisteva che per essa, né le rimaneva una realtà senza di essa, e l'esistenza della forma non si verificava che per opera di questo Autore, gli apparve chiaro che tutte le cose che esistevano avevano bisogno di un Autore e che nessuna di esse sussisteva se non per Lui Egli era la loro Causa, ed esse i Suoi effetti, sia che fossero venute all'esistenza dopo che le aveva precedute il non-essere, sia che non avessero inizio nel tempo e non le avesse mai precedute il non-essere. In entrambi i casi esse erano effetti, e avevano bisogno dell'Autore che producesse in loro l'esistenza; se non fosse durato non sarebbero durate, se non fosse esistito non sarebbero esistite, se non fosse stato preeterno non sarebbero state preeterne. Egli invece, per esistere, non aveva bisogno di esse e ne era immune: e come sarebbe potuto essere diversamente? Era stato dimostrato infatti che la Sua potenza e la Sua forza erano infinite, mentre tutti i corpi e ciò che ad essi era congiunto e connesso in qualche modo erano finiti e limitati. Ed ecco, tutto il mondo, con i corpi celesti, la terra e gli astri che erano in esso, e ciò che era tra loro e sopra e sotto di loro era opera Sua e creazione Sua, posteriore a Lui per essenza, anche se non posteriore a Lui nel tempo.
Analogamente, se tu prendessi in mano un corpo, e poi muovessi la tua mano: quel corpo senza dubbio si muoverebbe, seguendo il movimento della mano, di un movimento che sarebbe posteriore al movimento della mano, posteriore per essenza, ma non posteriore ad esso nel tempo, poiché i due movimenti sarebbero cominciati insieme. Così tutto il mondo è causato e creato, fuori del tempo, per opera di questo Autore, ed Egli "se vuole una cosa non fa che dire ad essa «sii» ed essa è"[2].
Quando vide che tutte le cose esistenti erano opera Sua, le esaminò in modo diverso da prima, per riconoscere in esse la potenza del loro Autore, la meraviglia del Suo operato, la sottigliezza della Sua sapienza, l'acume della Sua scienza. Gli apparvero chiaramente nelle cose più piccole come nelle più grandi, tra quelle che esistevano, tracce della sapienza e delle meraviglie del creato, tali da suscitare la sua ammirazione; e fu certo che ciò poteva avere origine solo da un Autore al massimo grado della perfezione, e oltre la perfezione stessa "cui non sfugge il peso di un atomo, nei cieli e sulla terra, né una cosa più piccola o più grande". Poi considerò, per tutte le specie animali, in che modo "dà ad ogni, cosa la sua conformazione, e poi la guida" alla sua utilizzazione. Se Egli non avesse guidato gli animali all'utilizzazione di quegli organi che erano stati creati loro affinché se ne avvantaggiassero e se ne servissero per i loro fini, gli animali non se ne sarebbero serviti, e quegli organi sarebbero stati loro di peso. Seppe con questo che Egli era il più generoso dei generosi ed il più misericordioso dei misericordiosi. Poi, ogni volta che vedeva una creatura che era bella o splendente o perfetta o forte o dotata di grandi virtù - che era cioè eccellente - meditava e scopriva che essa era dono della generosità spontanea di quell'Autore, della Sua munificenza e del Suo operare Comprese che Egli era, nella Sua essenza, più grande, più perfetto, più completo, più buono, più splendente, più bello e più duraturo di tutte le creature, e che, quanto a questo, non c'era confronto tra Lui e le creature. Continuò ad esaminare tutti i modi in cui la perfezione poteva manifestarsi, e vedeva che Egli li possedeva e da Lui avevano origine, e vedeva che Egli ne era più degno di qualsiasi creatura. Esaminò tutti i modi in cui poteva manifestarsi l'imperfezione, e vide che Egli ne era esente e privo e come avrebbe potuto non esserne privo, dato che il concetto dell'imperfezione non era che il puro non-essere o ciò che era connesso al non-essere? E come avrebbe potuto il non-essere aderire o mescolarsi a Colui che era l'Essere puro e necessario, esistente di per sé, che donava l'esistenza ad ogni esistente? Nulla esisteva all'infuori di Lui: ed Egli era l'esistenza, la perfezione, la completezza, la bontà, lo splendore, la potenza, la scienza, ed era Lui e "ogni cosa perisce tranne il Suo Volto"[3].
Giunse a questo grado di conoscenza al compiersi del quinto settenario della sua vita, e cioè all'età di trentacinque anni. Ciò che dell'Agente si era instillato nel suo cuore, lo distoglieva dal pensare a qualsiasi cosa che non fosse Lui. Non si preoccupò più di esaminare e di studiare le creature, finché giunse al punto che il suo sguardo non si posava su nessuna cosa senza che vi vedesse ogni volta l'impronta della Creazione, e senza volgersi col suo pensiero all'Artefice, dimenticando il creato; e si fece intensa la sua brama di Lui, ed il suo cuore nella sua totalità si distolse dal mondo inferiore sensibile, e aderì al mondo superiore intelligibile.





[1] Corano  67,14
[2] Corano  36,82
[3] Corano  28,88

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