"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

domenica 3 settembre 2017

'Abd Al-Qâdir al-Jazâ'irî, Realtà e libertà dell’atto del Creatore, maestro dell’impossibile (Mawqîf 98)

'Abd Al-Qâdir al-Jazâ'irî
Realtà e libertà dell’atto del Creatore, maestro dell’impossibile

Dio ha detto:
“Non è per gioco che creammo il cielo la terra e ciò che si trova tra i due. Se avessimo voluto divertirci, lo avremmo fatto presso Noi stessi, se mai avessimo voluto farlo. Al contrario, scagliamo contro la vanità il reale che le schiaccia la testa ed ecco che (essa) sparisce. Siate maledetti! a motivo di quello che inventate” (1).

1. Realtà della creazione (2)
Ciò che vuol dire: “La Nostra azione nella creazione del cielo, della terra e ciò che vi è tra i due non è quella di giocatori che non raccolgono alcun frutto dai loro atti e i quali non traggono alcun vantaggio da quanto fanno, né ad essi né ad altri. Ma Noi li abbiamo creati conformemente all’utilità e con il massimo di saggezza”. Dunque non c’è un solo atomo del cielo e della terra che non parli dell’abbondanza di cui gioisce, testimoniando così della saggezza e dei vantaggi di cui beneficia e che solo il loro creatore può abbracciare.

È del pari giusto comprenderla così: “Non abbiamo creato ciò che è stato menzionato, giocando. Ossia, la Nostra azione non è stata quella di un giocatore che confeziona dei personaggi e delle figure irreali e inutili, come nel gioco che si chiama “teatro delle ombre”, o altri simili. Perché sono dei personaggi e delle figure irreali che entrano nel nostro campo visivo per sparire subito. Non è stato così per la creazione del cielo, della terra e di quel che si trova tra essi, contrariamente a ciò che dicono i sofisti per i quali il mondo è immaginario e irreale, e i materialisti (3) che dichiarano che non c’è nulla aldilà delle realtà sensibili che possa essere conosciuto”.

Ecco dunque la verità: dietro le forme e le figure del mondo, vi è il Reale. Dunque, a causa di ciò, esse sono ugualmente reali; anche se apparentemente esse sono immaginarie, esse sono dunque ben reali e non un gioco e un divertimento. È ben quel che dice Dio in un altro versetto: “È con la verità che abbiamo creato i cieli e la terra e ciò che si trova tra i due” (4). Tutto questo è dunque reale, a causa del Reale che lo ha creato; poiché ciò che il Reale crea è reale. L’imâm dei conoscitori di Dio, Muhyî al-Dîn (5) ha detto:

Il cosmo è immaginario, certo, ma in realtà esso è reale. Chiunque dice questo possiede il segreto della via. 
Nella Parola di Dio: “e ciò che si trova tra i due”, entrano tutti gli atti dei servitori. Essi sono dunque reali senza che vi sia in essi un futile passatempo, poiché questi sono gli atti di Dio. Quando Egli tratta come futili certi atti dei servitori, è in rapporto a colui da cui emanano. Sennò, in rapporto a Lui stesso, essi non sono privi di un certo statuto.

2. Libertà dell’atto creatore
In seguito, Dio ha fatto sapere che anche se ha Creato i cieli, la terra e ciò che si trova tra i due, come ha menzionato, ciò non fu per Lui né un obbligo né una necessità, come dicono i bramani e i mu’taziliti, partendo dall’obbligo che avrebbe di agire bene. Ma a Lui spetta di fare tutto ciò che vuole, che i razionalisti glieLo permettano o meno. Perché la Sua potenza si comporta in modo assolutamente libero; eseguendo il giudizio divino in tutto ciò che essa vuole, essa non va incontro ad alcuna interdizione e non è intaccata da alcuna incapacità. È come Egli dice:
Se avessimo voluto divertirCi…”, ossia, creato un qualcosa che i razionalisti ritengono impossibile e che negano alla Nostra potenza,
…L’avremmo trovato presso Noi”, ossia nella Nostra potenza. Perché quel che Noi vogliamo non la mette in scacco; ma, di fatto, Noi non lo vogliamo.

3. Dio può realizzare l’impossibile

“Se Dio avesse voluto avere un figlio, Egli avrebbe scelto chi voleva tra chi ha creato” (6). Dio fa sapere qui che questa impossibilità logica, che è la più grande che si possa immaginare, è tuttavia una possibilità che rientra nel dominio della Sua potenza e che la potrebbe realizzare, se volesse. Egli l’ha espressa sotto forma di ipotesi irreale, ora quella non di meno rimane una possibilità in sé. La Sua Parola: “Egli non ha generato (7) indica che questo non è stato né mai sarà. Ma non indica che ciò non entri nel dominio della Sua potenza e che Egli non ne sarebbe capace, se lo volesse. Al-Hâfiz b. Hazm (8) ha sostenuto questa opinione e lo Shaykh al-Sanûsî (9) l’ha qualificato come miscredente. Ma non avrebbe dovuto. Perché Ibn Hazm ha detto questo da un punto di vista teologico, non dal nostro punto di vista.

Poi, Dio ha menzionato un altro genere d’impossibilità logica, ossia far arrivare ciò che è già arrivato, (3) ciò che è una delle impossibilità più evidenti. Egli ha fatto sapere che lo potrebbe fare. In più, Egli lo fa ad ogni istante e lo ripete da sempre. Ha espresso questo all’incompiuto per rendere questo prodigio sempre presente allo spirito, dicendo: “Scagliamo…”.

L’espressione “al contrario” serve a scartare ciò che si immaginano i razionalisti, a proposito dell’impossibilità della cosa, al punto di negarla alla potenza divina.
Scagliamo” significa: “Noi gettiamo” realmente la luce dell’Esistenza attribuita a Dio e che circola in ogni essere esistenziato. È questa un’espressione metonimica designante il legame dell’Esistenza reale con l’essenza particolare; ciò che significa l’esistenziazione di questa essenza tramite opposizione alla vanità del non-essere che fino a quel momento era il suo attributo.
essa le schiaccia la testa”, altrimenti detto, essa la distrugge e l’annienta come qualcuno che è stato colpito alla testa. Questa espressione metonimica indica la rapidità con la quale la luce reale distrugge la vanità del non-essere che non ha più posto in questa essenza particolare. Lo statuto appartiene ormai alla Esistenza reale che diventa la qualificazione dell’essenza particolare che ha già avuto quella della vanità del non-essere.
e ecco che essa…”, cioè, il non-essere qualificato di vano.
sparisce”, ciò che vuol dire che il suo statuto è annichilito dopo essere stato fermamente stabilito in questa essenza particolare, di cui era la qualificazione.
“ed ecco che…” esprime la subitaneità. Essa sparisce, poiché il reale non si unisce con quel che è vano, così come la luce non può accoppiarsi con le tenebre. Questo versetto rappresenta un caso dove si fa succedere ciò che è già successo; dato che se il non-essere è niente in sé, volerlo annichilire, equivale a far arrivare ciò che è già successo (11).
“Sparisce”, è un verbo intransitivo. Il non-essere, avendo la qualificazione dell’essenza particolare tramite l’esistenza, avrebbe un’esistenza nella conoscenza di colui che lo qualifica. Dunque, in verità, non vi è statuto nell’esistenza particolare se non nella rappresentazione mentale di colui che qualifica e, di conseguenza, il non-essere esiste in questo grado. Così, è corretto dire che si getta contro lui (l’esistenza) e che così lo si annienta, se si tiene conto di quel che abbiamo appena detto. Chiunque pretenda che Dio non ha alcun potere su ciò che si definisce impossibile, non Lo conosce. Non ha neanche mai respirato qualcosa che somigli alla Sua conoscenza. Dio può esistenziare l’impossibile quando vuole. Per esempio, è logicamente impossibile riunire i contrari allo stesso tempo nello stesso luogo (12); ora questo esiste nel movimento delle sfere celesti che sono spazialmente limitate all’interno della sfera maggiore. In effetti, secondo gli astronomi, esse si muovono naturalmente da ovest a est, mentre la sfera maggiore le fa muovere a forza da est a ovest. Ogni sfera ha dunque così due movimenti nello stesso tempo, il primo naturale e il secondo forzato.
Questo è ugualmente percepibile presso gli animali, come la formica, per esempio. Quando essa si trova sulla parte superiore della macina e che essa si muove in senso contrario al movimento di quella. 
Essa coordina in se stessa due movimenti, uno forzato e l’altro libero. La maggiore delle realtà dell’istmo e dell’aldilà sono di quelle che i razionalisti giudicano impossibili. Dio ha detto, a proposito dei martiri: “Essi sono viventi e provvisti di beni presso il loro Signore” (13). Egli ci ha dunque interdetto di pensare che siano morti, benché i sensi testimonino che essi sono morti in modo evidente. La testimonianza dei sensi di colui che sostiene che essi siano morti è veridica; ma la testimonianza della fede di colui che dichiara che essi sono vivi è ugualmente corretta, a motivo della veridicità delle informazioni di Dio. Essi sono dei morti-viventi nello stesso tempo. Se la morte e la vita non fossero così unite, esse non sarebbero autentiche. È la stessa cosa per la questione della tomba. Del pari, l’atto che, a prima vista, emana dal servitore è anche l’atto di Dio. Perché la ragione e la rivelazione attribuiscono l’atto a Dio solo, mentre i sensi e la rivelazione l’attribuiscono al servitore. Ora ciascuna delle due opinioni è giusta. E bisogna credere ad entrambe nello stesso tempo. Quanto a noi, non condividiamo l’avviso di chi attribuisce l’atto a Dio, senza attribuirlo anche al servitore. Come, il giorno della resurrezione equivarrà per il miscredente a cinquantamila anni, secondo il testo del Corano (14), e per il credente, a due unità della preghiera dell’alba, secondo il testo della tradizione profetica. Si precisano proprio le due unità di preghiera all’alba perché è stato ordinato di abbreviare la recitazione a queste due unità di preghiera. Altro esempio, gli atti e il loro peso che sono degli accidenti saranno materializzati fisicamente il giorno della resurrezione. Anzi, gli accidenti del momento, anche prima del giorno della resurrezione, sono già materializzati. Le genti lo vedono, ma non se ne rendono conto. Tra loro, alcuni negano la materializzazione degli accidenti, anche il giorno della resurrezione; mentre altri l’affermano per l’aldilà e la negano per l’aldiquà.


Mawqîf 98

[1] Corano 21, 16-18. Il versetto 17 sarà commentato di nuovo in Mawqîf 134 e 196.
[2] I titoli non fanno parte del testo arabo originale.
[3] Al-husbâniyya, gruppo difficile da identificare in modo preciso.
[4] Corano 15, 85
[5] Si tratta di Ibn ‘Arabî.
[6] Corano 39, 4
[7] Corano 112, 3
[8] Poeta, storico, giurista, filosofo e teologo andaluso di Cordova. Estende la dottrina zâhirita e ne applica il metodo all’insieme delle scienze coraniche (384/994 – 456/1064).
[9] Muhammad b. Alî al-Sanûsî (1202/1787 – 1276/1859), sapiente e sufi algerino fondatore della confraternita sanûsiyya.
[10] Ossia, annientare l’errore che è già nulla in sé.
[11] Ciò che va contro il principio logico seguente: “È impossibile portare all’esistenza ciò che già esiste”. Questo principio è citato in Mawqîf 14, 116 e 210. Vedere, a questo proposito, Michel Lagarde, op. cit., pag. 44/L.
[12] Altro principio logico ugualmente evocato in Mawqîf 152 e 186. vedere Michel Lagarde, op. cit. pag. 33/XXXV.
[13] Corano 3, 169
[14] Corano 70, 4

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